La Bacchetta

Nel 1904 Arturo Toscanini fu invitato a dirigere un concerto con l’orchestra, formata da professori ed allievi, del Liceo Musicale di Bologna, in occasione delle feste per il primo centenario dell’Istituto. Durante le prove Toscanini fece una terribile sfuriata all’arpista, la professoressa Cleopatra Serato, moglie del celebre violoncellista, la quale pretendeva di tener testa al Maestro. Durante la baruffa Toscanini batté con tale violenza la bacchetta sul leggio da spezzarla. Un frammento cadde sulla testa di mia nonna, allora allieva dell’ultimo anno di violino, che sedeva nel primo leggio dei secondi. Il Maestro, placatosi immediatamente, si profuse in scuse. Mia nonna raccolse il frammento e gli chiese di poterlo conservare per ricordo.

Quando ho iniziato questa strana carriera me ne fece dono come porta fortuna ed immediatamente lo smarrii. L’ho ritrovato dopo molto tempo in circostanze curiose: era esattamente dove ricordavo d’averlo riposto, ma per anni mi si era celato. Da allora gira con me nel modesto e consumato astuccio dove conservo le due bacchette che uso da più di trent’anni.

Un giorno, annunciatosi misteriosamente al telefono come latore di qualcosa che mi avrebbe potuto interessare molto, si presentò un giovane il quale mi mostrò un campionario di bacchette da direttore. Affermò che le realizzava artigianalmente con materiali pregiati e che fra i suoi clienti figuravano celebrità internazionali. Purtroppo lo delusi, poiché non ero un divo della bacchetta e di bacchette, gli dissi, ne possedevo solo due di materiale plastico e di cui ne usavo una sola, tenendo l’altra di riserva. Mi guardò con aria di compatimento vista la povertà delle mie bacchette, che peraltro gli mostrai.

Le avevo personalmente e con fatica accorciate con un seghetto, perché in origine erano troppo lunghe. Prive di sugheri o impugnature di sorta hanno solo un piccolo rivestimento di plastica nera, per evitare che scivolino dalla mano. Lo salutai ricordandogli una battuta del grande direttore Antonio Guarnieri.  A Siena, dirigendo la seconda parte di un concerto ed avendo trovato sul leggio una lunga bacchetta con impugnatura di sughero lasciata dal celebre compositore e direttore A. C. che lo aveva preceduto, la spezzò ed avendone impugnato un cortissimo frammento, rivolto al pubblico sprezzantemente miagolò nel suo dialetto veneto – Mi no go bisogno di un sughero per star a galla! –

Herbert Albert era un formidabile interprete che dirigeva senza bacchetta; Pierre Boulez dirige senza bacchetta; Hermann Scherchen e Dimitri Mitropoulos dirigevano con bacchette cortissime; Wilhem Furtwangler non attribuiva nessuna importanza alla bacchetta; Sergiu Celibidache, forse il più grande tecnico, mago, negromante, taumaturgo ed istrione dell’arte direttoriale non attribuiva alcuna importanza alla bacchetta.

E allora che cos’è questa benedetta bacchetta?

Un feticcio?

Ho visto a casa di un collega un bicchiere da matite pieno di bacchette.

Saranno state almeno una trentina, altre le teneva in un cassetto, altre nel suo ufficio di direttore stabile. Prima di un concerto mi chiese di consigliarlo su quale scegliere: più lunga, corta, con sughero, senza sughero. Ero mortificato di non potergli dare una risposta, vergognandomi della mia assoluta incompetenza. Gli confessai candidamente che da tantissimi anni usavo sempre la stessa bacchetta di plastica. Mi guardò sorpreso ed affermò che secondo lui per ogni brano vi era una bacchetta adatta a rendere il gesto più chiaro e visibile. Per il pubblico o per l’orchestra, mi chiesi, in quanto il collega non disdegnava di esercitarsi davanti allo specchio con estasi narcisistica.

Un vecchio maestro, d’arte e di vita mi disse candidamente – La musica deve uscire dal tuo corpo, deve fluire dalle tue braccia, parla il meno possibile, esprimi quello che hai dentro. Se vuoi usare la bacchetta, essa sia solo un prolungamento del tuo braccio. Nè troppo lunga o corta, ma soprattutto comoda per te. Non è altro che un pezzo di legno e non ha nulla a che fare con l’arte. –

Una maniglia cui aggrapparsi per vincere la sfida con l’orchestra?

Un’ancora di salvezza?

Una bacchetta magica?

Obbedire a bacchetta!

L’orchestra è rimasta forse al mondo l’ultimo organismo umano che obbedisce “A bacchetta ” in senso letterale. Magari borbotta poi sottovoce sull’incompetenza e l’incapacità del direttore.

I vecchi maestri di scuola battevano la bacchetta sulla cattedra o percuotevano le dita degli scolari disattenti e indisciplinati.

Vorrei a volte farlo anch’io ma non posso. Forse sarebbe utile.

Con bacchetta o senza bacchetta, lunga o corta, con sughero o senza sughero?

Non so!

E voi?